San Pietro in Montorio
2 Piazza di S. Pietro in Montorio Roma
Storia
Nel sito, dove si diceva fosse stato crocifisso Pietro, è citata già nella prima metà del IX secolo l'esistenza di un monastero beati Petri quod vocatur ad Ianuculum. Il complesso di chiesa e monastero passò nei secoli ai Benedettini, ai Celestini (a questo punto - siamo nel 1320 - la chiesa si chiama "Sancti Petri Montis Aurei"), agli Ambrosiani, e alle monache cistercensi.
Nel 1472, gli edifici completamente fatiscenti e un vasto terreno attorno furono assegnati da Sisto IV Della Rovere alla congregazione francescana di Amedeo da Silva, il quale fece restaurare ed ampliare il convento, e demolire la vecchia chiesa iniziando la costruzione della nuova.
La ricostruzione rientrava nel programma di sviluppo edilizio voluto da Sisto IV, e fu anche occasione di diplomatici contributi finanziari, prima da Luigi XI di Francia al papa Della Rovere, poi - più sostanziosi - da Ferdinando II e Isabella di Castiglia al papa Alessandro VI Borgia, che consacrò la chiesa nel 1500.
Il progetto è attribuito da alcuni a Baccio Pontelli (ma il Vasari, che cita la notizia, se ne dice incerto), da altri a Meo del Caprino, realizzatore negli stessi anni, per un altro della Rovere - il cardinale Domenico - del Duomo di Torino. Per la sua posizione esposta, e sul confine della città, il complesso (che era già stato ceduto ai francesi dalla prima Repubblica romana nel 1798, soppresso nel 1809 e recuperato dai frati nel 1814) subì gravi danneggiamenti per mano dei francesi di Napoleone III, intervenuti a soffocare la seconda Repubblica Romana del 1849. Durante la difesa del Gianicolo la chiesa fu utilizzata come ospedale (e i romani lo rinominarono San Pietro in mortorio), e l'archivio si ritrovò infine disperso e saccheggiato.
Nel 1876 il convento fu riconosciuto dallo Stato italiano come proprietà della Spagna, alla quale ancora appartiene, e da questa destinato a sede della Reale Accademia di Spagna a Roma.